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Paola Turci. Tra i fuochi in mezzo al cielo.

Ultimo Aggiornamento: 21/04/2006 16:02
16/03/2006 22:12
 
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Incontro con Paola Turci: fra rock e impegno sociale
Sensibilità, apertura mentale e grinta: con questi tre elementi e tanta musica di qualità Paola Turci si appresta a tornare live nelle Marche il 18 Marzo al Barfly di Ancona. Sarà un’occasione unica (esclusiva regionale ) per apprezzare dal vivo i brani del suo disco “Tra i fuochi in mezzo al cielo”, uscito in settembre su etichetta On the road e apprezzatissimo dalla critica.

Dopo una stagione di concerti nei teatri il tuo tour arriva nei club; ovviamente c’è una differenza abissale fra le due location: per te è una necessità esibirti sia in versione soft che in versione aggressiva?
Si, è una mia necessità anche perché nel momento in cui chiudi una parentesi hai subito voglia di aprirne un’altra molto diversa. Per quanto mi riguarda nel disco ci sono brani molto intimi che in teatro andavano benissimo, ma ci sono anche altre canzoni che sono nate per essere urlate, e in un club trovano la loro naturale collocazione, possono “mostrare i muscoli”. Inoltre quest’alternanza fra teatro, club e piazze mi permette di variare la scaletta dei live in modo da non ripetere sempre gli stessi pezzi.

Hai definito “Tra i fuochi in mezzo al cielo” un disco “scritto oltre la paura di farsi male, liberato dal timore di sbagliare e di esprimersi”. E’ una frase importante, verrebbe da chiederti la ricetta non tanto per fare un disco del genere, quanto per imparare a vivere ed agire senza timore, senza paure.
Non ho alcuna formula magica, ma sono riuscita a liberarmi attraverso la composizione di questo disco di tante paure che erano dentro di me, di tanti timori che forse dovevo solo guardare in faccia. Viviamo in una società che ci frena, piena di problemi ed angosce: per comporre questo album non volevo mettere dei freni alla mia creatività.

Spesso la creatività si può trovare anche con dei viaggi: tu hai fatto un’esperienza molto interessante in Vietnam a fianco dell’ONG UCODEP, che opera nel Nord del paese a favore dell’infanzia. Cosa ti ha lasciato questo viaggio?
Non vorrei passare per quella che vive solo parlando delle proprie esperienze nel sociale anzi, spesso e volentieri sono scettica nei confronti di chi sbandiera ai quattro venti le azioni benefiche a cui partecipa. Questa volta però è stato diverso: ho trovato delle persone speciali che mi hanno invitato a partire con loro e mi hanno permesso di toccare con mano quale fosse il loro impegno, la loro passione e soprattutto dove andassero a finire i frutti di tale lavoro. Insomma, dopo aver fatto il San Tommaso della situazione ho deciso di sostenerli come possibile, e da questo viaggio sono tornata arricchita e consapevole dell’impegno umanitario che c’è nel mondo.

Ti facciamo inoltre i complimenti per il premio di cui sei fresca vincitrice: il premio “Amnesty Italia” per aver affrontato il tema dei diritti umani. In passato è stato vinto da Daniele Silvestri e Ivano Fossati e quest’anno l’hai spuntata su concorrenti come De Gregori, Giulio Casale, Jovanotti, Renato Zero e Subsonica con il brano “Rwanda”: è una bella soddisfazione vincere con pezzo così intenso che denuncia un episodio terribile della nostra storia moderna (ovviamente si fa riferimento al genocidio dei Tutsi nel ’94 ).Un’onorificenza fa sempre piacere, ma quando ti viene assegnata per aver saputo affrontare un tema delicato come quello dei diritti umani la cosa è ancora più stimolante. Sono contenta che la scelta di trattare il tema del Rwanda sia stata apprezzata: oggi si tende a dimenticare l’orrore che solo dodici anni fa si è scatenato in quei territori e il miglior modo per non insabbiare la vicenda è mettere i nostri strumenti al servizio della storia: che sia il cinema ( con l’intenso film “Hotel Rwanda” ) o la musica, è un dovere di tutti denunciare un genocidio di cui ancora oggi in pochi si sono assunti la responsabilità.
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