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IL PACS IN ITALIA

Ultimo Aggiornamento: 18/03/2007 18:36
12/07/2005 16:30
 
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Andrea e Dario
"PACS SUBITO", recita la scritta sull’auto rossa che sfreccia, si fa per dire, lungo il corteo romano del Gay Pride. Inseguita dai barattoli e dal desiderio di normalità di tante coppie che marciano mano nella mano o solo fianco a fianco, come Andrea e Dario, chiedendo che venga approvata subito la legge che regoli i «patti civili di solidarietà», Pacs, appunto. Quarantenni, dirigenti d’azienda, Andrea e Dario, cattolici tutti e due, si sono conosciuti quasi vent’anni fa e da allora non si sono mai lasciati. Era il 1986 frequentavano insieme Scienze Politiche alla Luiss. Tra un corso e l’altro è nata prima l’amicizia, con qualche censura. E poi l’amore. Il primo e l’unico per tutti e due. «La nostra è una storia come quelle dei nostri genitori. Un rapporto da sempre monogamico, certo non facile...», confessa Dario. I primi 11 anni lui e Andrea li hanno trascorsi in assoluta clandestinità. Ognuno a casa dei propri genitori, senza dire nulla nemmeno agli amici, senza frequentare gli ambienti omosessuali. «Speravamo che gli altri ci considerassero grandi amici e basta. Pensavamo che ognuno di noi avrebbe avuto una casa e che saremmo andati avanti così per tutta la vita». E così è andata fino ad un certo punto. «Sei anni fa - racconta Andrea - sono andato ad abitare nella casa che avevo appena comprato. Ovviamente da solo. Però appena mi sono trasferito, sono cominciati gli attacchi di panico e ho capito che era proprio quella casa tutta per me, la solitudine a spaventarmi». Sei anni fa, quindi, Andrea e Dario decidono di dire tutto ad amici e genitori e poi vanno a vivere insieme. Adesso hanno una normale vita di coppia. «La domenica a pranzo dai mei, le vacanze con i fratelli di Dario e le loro mogli, il Natale tutti insieme con i familiari». Hanno superato i tabù personali, quelli familiari e anche quelli religiosi. «Facciamo la comunione regolarmente». Solo a volte capita di incontrare un prete che li consiglia di «mettersi in ascolto del Signore», che però finora non ha mai detto a Dario e Andrea che il loro rapporto è sbagliato, se non attraverso le parole di papa Ratzinger o del cardinal Ruini. Figli non ne vogliono, anche se la loro casa è aperta a tutti e se si dedicano agli altri attraverso il volontariato. L’unica cosa che manca ora - dicono - è il riconoscimento da parte della società e dello stato italiano. «Niente matrimonio, non ci interessa, vorremmo solo che la nostra unione fosse riconosciuta. Vorremmo stringere un Pacs per non trovarci in tutte quelle situazioni spiacevoli in cui una coppia di fatto si trova quando arriva una malattia, una morte, una questione patrimoniale». Quello che potevano fare l’hanno fatto: la casa in cui vivono è in co-proprietà, nell’assicurazione sulla vita hanno indicato l’uno come fiduciario dell’altro. Adesso è lo stato laico che deve fare la sua parte.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33215

[Modificato da zon@ venerdi 12/07/2005 16.31]

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