Saranno sentiti come testi i due personaggi citatinella missiva Raccomandata con allusioni sui gusti sessuali del comandante Tittarelli Svarca, lettera piena di guai Il giudice fa estendere l'imputazione a tutto il contenuto
ANCONA - Ingiurie al comandante, atto secondo. E' tornata ieri mattina nell'aula del Giudice di Pace la pepata raccomandata con ricevuta di ritorno che l'ex comandante dei vigili urbani Dante Svarca spedì al suo successore Luciano Tittarelli il 17 novembre del 2002. Dopo l'audizione di Tittarelli avvenuta durante la scorsa udienza, il giudice Amodeo ha ieri puntualizzato il capo d'imputazione letto dal pubblico ministero Francesca Sbriccoli. Oltre alle frasi espressamente citate nella scorsa occasione, in cui Svarca definiva "gay" l'attuale comandante e faceva riferimento a presunte agevolazioni da lui perpetrate nella cancellazione di contravvenzioni e nella organizzazione di concorsi, il pm ha disposto di integrare il capo d'imputazione stabilendo che quello da sottoporre a giudizio dovrà essere l'intero testo della lettera vergata da Svarca e non i singoli spezzoni inseriti nel capo d'imputazione e intervallati da alcuni puntini di sospensione. Presente in aula solo l'attuale dirigente del servizio statistica del Comune di Ancona, difeso dagli avvocati Claudia Cardenà e Gabriele Gusella, non ha invece preso parte alla seduta Tittarelli, che si è costituito parte civile tramite gli avvocati Michele e Alessandro Brunetti. Solo l'ultimo atto di una querelle infinita tra i due che si sono alternati sulla poltrona del comando della Polizia Municipale, dato che l'anno scorso Svarca era stato assolto dall'accusa di calunnia sempre nei confronti di Tittarelli. Per l'audizione dell'imputato dovrà attendersi il prossimo 16 febbraio, data alla quale è stata aggiornata l'udienza. In quell'occasione saranno ascoltati anche i due testi indicati dalla difesa, ovvero coloro che venivano citati all'interno della missiva di Svarca. Il giudice di pace ha accolto la richiesta, malgrado le obiezioni sollevate dal pm e dalla parte civile, che hanno sottolineato come oggetto del contendere non sia la verità delle affermazioni, quanto l'esistenza in esse di un contenuto ingiurioso.