Politici e star, tutti da Fazio
La verità è che ormai vanno tutti da Fabio Fazio, non più da Bruno Vespa. Ieri sera ecco Roberto Benigni, un altro da titolo di giornale. Raggiante come al solito e chicchissimo, regolarissimo nell’ignorare il candidato Silvio Berlusconi. Benigni e Nanni Moretti, ricomparso una settimana fa dopo ventuno anni di assenza, e poi Rossana Rossanda e Walter Veltroni e Gianfranco Fini, che ammette di essersi fumato, pure lui, una canna: tutti vanno nella nicchia, in un orario tremendo, tra tigì, pacchi e Gabibbi, su
Raitre, con la scusa del programma di previsioni meteorologiche, mentre lentamente — con la forza inarrestabile di tutti i fenomeni televisivi —
Che tempo che fa è chiaramente diventato un palcoscenico di culto, audience in crescita, fotografi in studio, e lui, Fabio Fazio, quello che il calcio ormai lo fa ridere, quello che cantava
Anima mia con Claudio Baglioni, quello con il nodo della cravatta troppo piccolo e provinciale, sta lì nella parte dell’intervistatore garbato e (quasi?) sottotono, ironico, impacciato (sul serio?) e sempre lusingato (possibile non si sia abituato alle celebrità?).
Roberto Benigni con Fabio Fazio nella puntata di domenica scorsa di «Che tempo che fa» (Ansa)
Comunque vanno da lui.
«Perché è bravo e — dice l’ex consigliere di amministrazione Rai, Marcello Veneziani, vicino ad An — perché ormai è chiaro che si candida ad essere il gran cerimoniere dell’Unione». Appunto. E a un patto, però: «Che non diventi — auspica Sandro Curzi — come Bruno Vespa. Sarebbe talento sprecato». Fabio Fazio ha 40 anni, una moglie carina e discreta (Gioia) e un figlio di origine ucraina adottato quasi un anno fa. Vivono in una casa normale e, racconta Teo Teocoli, «pure un po’ sfigata». A Celle, sulla collina savonese, sotto l’autostrada. Quando scrissero che era «abusiva», a Fazio venne la pitiriasi (chiazze rossastre sulla schiena). Malattia delle persone sensibili. Infatti Fazio dice che la sua «gentilezza è rivoluzionaria». Sarà. Da ragazzino adorava però Raimondo Vianello (grande fan berlusconiano). A 17 anni partecipa al concorso della Rai, «Un volto nuovo per gli anni ’80». Uno degli esaminatori è Bruno Voglino. «Mi chiesero cosa sapessi fare. Io imitai le voci di Sandro Pertini e Paolo Rossi». E lo presero. «Eravamo ottomila, restammo in dieci. Bei nomi. Chiambretti, Iacchetti, Cecchi Paone, Faletti, Tedeschi, Poggi».
Fazio lo chiamano a fare l’ospite di Pronto Raffaella, poi c’è Quiz con la Goggi. Lo cercano quelli di Drive in, lui rifiuta, ma in Rai arriva Angelo Guglielmi, che non lo vede: «Questo è un Paese di imitatori, e lui non è nemmeno il più bravo». Trasloco a Odeon tv. Nel 1993, di nuovo in Rai, debutta a Quelli che il calcio, gran successo con 5 milioni di telespettatori. Seguono: campagne miliardarie Dash e Lotto, trasmissioni come Anima mia e Ultimovalzer, poi due Festival di Sanremo e una fuga a La7, per un programma mai cominciato e un risarcimento da togliere il fiato anche a Vespa e da fargli considerare, con apprensione, i progetti fiscali di Prodi. Adesso c’è la fila per farsi intervistare tra un temporale e un raggio di sole. L'Authority, nel febbraio scorso, gli chiede — a lui dichiaratamente «non comunista ma diessino» — un poco più di misura. Lui si difende snocciolando nomi e cifre: «Ne ho intervistati cinque per parte: Cofferati, Storace, Prodi, Casini, Fassino, Tremonti, Rutelli, Follini, Veltroni e Fini». Però non Berlusconi. In un elenco che spaventa pure Maurizio Costanzo. Lui intervista, dopo arrivano i comici. Il sabato, Antonio Cornacchione e Teo Teocoli. La domenica sera, come ieri, Maurizio Milani e Luciana Littizzetto. Il delizioso equivoco comico, che porta dosi di politica (anti Cdl). «Dai, Luciana... guarda che mi fanno chiudere...». Con quel visino un po’ così. Da Fabio Fazio.