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I gay e le famiglie

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2006 19:50
19/04/2006 19:50
 
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LICENZIATA. L'esercito è la mia famiglia. Margaret Witt è un maggiore, fa l'infermiera militare, è pluridecorata. È stata in servizio ai confini dell'«inferno», dal Golfo persico all'Afghanistan. Ma nel 2004 i suoi superiori hanno ricevuto una lettera anonima con l'informazione che è lesbica. Il mese scorso è stata congedata per «condotta omosessuale». Sta sfidando in tribunale la politica dell'esercito americano del «don't ask, don't tell» (non chiedere, non dire), che impone la clandestinità ai gay e alle lesbiche, pena il licenziamento. La commissione militare, oltre a licenziarla, le ha negato anche il diritto alla pensione. Witt ha intentato una causa per riavere il lavoro, appoggiata da una associazione gay e lesbica di assistenza legale, l'Aclu. Al processo si è presentata in uniforme, con le sue medaglie al valore appuntate sul petto. Non ha negato di avere una relazione con una donna, ha detto: «Sono entrata nell'Air Force perchè volevo servire il mio paese. Sono orgogliosa della mia carriera e voglio continuare a fare il mio lavoro. La gente ferita che ho curato non mi ha mai chiesto nulla sul mio orientamento sessuale, era solo contenta che ci fossi». Poi ha aggiunto: «la mia unità di servizio è la mia famiglia». Sono in corso altri 12 processi contro il licenziamento di militari gay e lesbiche, ma il caso di Witt è il più clamoroso per la sua notorietà come pluridecorata. Dal 2004 ad oggi, 650 militari americani gay e lesbiche sono stati sospesi dal servizio a causa della loro sessualità. Dunque, 650 militari hanno perso la loro famiglia.

CANCELLATA. Parman e Jeana Frazzini, due donne dell'Oregon, hanno avuto due anni fa un bambino. Lo hanno iscritto all'anagrafe come figlio di entrambe. Ma sul certificato di nascita il nome di Jeana è diventato uno «spazio bianco». Frazzini, 33 anni, ha dichiarato: «Con un tratto di penna, qualcuno in un ufficio da qualche parte mi ha cancellato dalla vita di mio figlio». Le due donne hanno fatto causa allo stato, accusandolo di discriminarle sulla base del genere e dell'orientamento sessuale e di negare loro i legittimi diritti genitoriali. Le due donne, che aspettano un altro bambino per luglio, hanno di nuovo portato il loro caso in tribunale, sperando di stabilire un precedente che possa servire anche ad altre coppie. «Eccoci qui», ha dichiarato Frazzini, «Ci amiamo a vicenda, abbiamo figli, compriamo case e paghiamo tasse, e siamo lasciate completamente fuori dal quadro sociale». Nel 1998 una sentenza della corte di appello ha proibito al governo di discriminare le coppie dello stesso sesso. È su questa sentenza che le due madri lesbiche puntano per ottenere giustizia nel loro processo. Per adesso la loro famiglia è stata cancellata, ma soltanto «sulla carta».

RITROVATA. Emine e Albana vivranno insieme nella città inglese di Birmingham come ogni famiglia che ha il desiderio di essere tale. Emine Krasniqi e la sua compagna Albana Lamaj, entrambe albanesi, l'una proveniente dalla Serbia e l'altra dal Kosovo, hanno ricevuto un prezioso riconoscimento dalla Gran Bretagna: Emine è entrata clandestinamente nel Regno Unito e una Corte d'Appello inglese le ha garantito il diritto alla riunione familiare con la sua compagna, stabilendo che non potrà essere espulsa. I giudici hanno detto: il rapporto tra le due donne è il nucleo di una vera e propria famiglia, dunque è da proteggere e tutelare. In Gran Bretagna le lesbiche hanno famiglia.
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