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Francia. La famiglia: nuovo orizonte delle coppie gay e lesbiche

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2005 00:24
31/07/2005 00:24
 
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Al di sopra del bar, alcune palle di Natale sono ancora attaccate sotto le bandiere arcobaleno del Centro gay e lesbico di rue Keller, a Parigi. Delle sedie sparse sono state raggruppate in cerchio e diverse coppie pazientano guardando distrattamente i manifesti attaccati al muro. Franck L. si siede e prende la parola. “Sono un responsabile dell’Associazione dei genitori e futuri genitori gay e lesbici (APGL)”, precisa prima d’aggiungere sorridente: “e un futuro co-genitore per il 2006”.

Sono una quindicina gli omosessuali ad essere venuti per parlare del loro desiderio di avere dei figli. Alcuni l’evocano come un sogno lontano che non “si vietano più”. Altri , matita alla mano, cercano gli indirizzi e i numeri di telefono delle cliniche belghe o nederlandesi che praticano l’inseminazione artificiale per le coppie di donne.

Tutti i terzi giovedì del mese, l’associazione, che l’anno prossimo festeggerà i suoi vent’anni, organizza una riunione sull’omo-parentalità. Incrociando i dati di più sondaggi – un metodo “un po’ approssimativo” ammette – Franck L. stima che 100mila famiglie e 200mila bambini vivono in una famiglia omo-parentale.

Iniziando la riunione, Franck passa in rassegna le “cinque forme di famiglia omo-parentale”. Gli “ex etero” che hanno avuto dei bambini prima di vivere in coppia omosessuale – “sono sempre meno numerosi”. Le coppie di donne che hanno beneficiato di un’inseminazione artificiale con donatore – “una pratica proibita in Francia ma autorizzata in Belgio e nei Paesi Bassi, il che spiega che li si chiami i bimbi eurostar”. Le co-parentalità tra una coppia di lesbiche ed una di gay – “il bambino ha un padre e una madre biologici e due genitori sociali”. Le adozioni da uno dei membri della coppia – “chiuse alle coppie omosessuali ma aperte ai single”. E le coppie d’uomini che fanno appello a una madre portatrice – “una pratica confidenziale interdetta in Francia ma autorizzata in Gran Bretagna e negli Stati Uniti”.



Metodo artigianale



Nathalie Martinez, che anima la riunione con Franck L., ha scelto la co-parentalità. “Non volevo un’inseminazione artificiale perché speravo che mio figlio avesse un padre. Non volevo privarlo di quell’ apporto”. Nathalie e la sua compagna hanno incontrato Gilles e il suo compagno in occasione di una riunione dell’associazione. “Per un anno e mezzo ci siamo visti regolarmente per conoscerci meglio e redigere poco a poco una carta di co-parentalità. Poi, Jade è arrivata. Oggi ha due anni e mezzo e tutto va bene!”.

Jade è stata concepita grazie a un “metodo artigianale” precisa Nathalie: una siringa. Il padre e la compagna della madre hanno assistito al parto. “Jade porta il nome di suo padre, prosegue Valérie. Chiama i suoi genitori biologici ‘papà e mamma’, ed ha trovato un diminuitivo ispirato dai loro nomi per il loro compagno e compagna. Sin dalla sua nascita, suo padre se n’è molto occupato: veniva a casa, l’accudiva un pomeriggio mentre io respiravo un po’! Oggi, Jade è in custodia condivisa: tutti i martedì sera posso andare al ristorante con la coscienza completamente tranquilla perché so che sta bene, con suo padre!”.

Altri, come Nadine e Marie, si augurano di andare in Belgio o nei Paesi Bassi per beneficiare di un’inseminazione artificiale con donatore. “Sono molto reticente a che una persona, se non due, faccia irruzione nella nostra coppia, afferma Nadine nel corso della riunione. Ho voglia di avere questo bambino in due, non in quattro. È una storia tra me e Marie”. La sua compagna sembra più esitante. “Mi domando come fare con l’assenza del padre, nota pensosa. Un giorno, un piccolino mi farà delle domande ed io dovrò essere tranquilla e fiduciosa per rispondergli”.

Co-parentalità, adozione, inseminazione: qualunque sia la via seguita Franck L. e Nathalie Martinez insistono sulla necessaria “trasparenza” della storia, per il bambino come per l’entourage. “Perché un bimbo sia tranquillo, bisogna che lo siate voi stessi,afferma Franck L. Basta dirgli chiaramente da dove viene. E ricordarsi che con un bambino non può esserci una vita nascosta. Le cose devono essere chiare per la famiglia, il vicinato, la scuola. Ciò obbliga ad accettare tutta una serie di piccoli ’coming out’ di cui prima si poteva fare a meno”.

Una volta che i bambini saranno nati, la maggior parte di queste famiglie omo-parentali dovranno tuttavia vivere ai margini del diritto. Davanti alla legge, i figli concepiti in seno ad una co-parentalità – una coppia gay o lesbica – assomigliano a tutti i figli i cui genitori sono separati: hanno un padre e una madre legali, un sistema di affidamento e due case.

Ma le altre famiglie omo-parentali contano un solo genitore legale: la madre biologica in caso d’inseminazione artificiale, il padre biologico in caso di madre portatrice, il genitore che ha fatto la procedura in caso di adozione ( in Francia i single possono adottare, ndt). “Se c’è il minimo problema – portare un figlio in ospedale in caso d’incidente o accompagnarlo all’estero -, il ‘genitore sociale’ non è nessuno, lamenta Eric Garnier, uno dei due copresidenti dell’APGL. Poiché si occupa del bambino quotidianamente, bisognerebbe riconoscergli un vero statuto”.

Per palliare questa difficoltà, alcune coppie hanno scelto di battersi sul terreno del diritto utilizzando una disposizione introdotta nel codice civile nel 2002 da Ségolène Royal: ogni genitore può, “quando le circostanze lo esigono”, delegare, senza perderla, la propria autorità parentale a un “prossimo degno di fiducia”.

È ciò che hanno fatto Odile e Marie che vivono insieme da più di 15 anni. Nel 1999 e nel 2002, Odile ha dato alla luce due bambine che vivono con la coppia dalla loro nascita. In nome dell’”interesse del bambino”, la corte d’appello d’Angers ha accettato l’11 giugno 2004 di delegare l’autorità parentale a Marie.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33534
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